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Chiesa del Santissimo Rosario

Chiesa risalente al 1528 a unica navata, sede de "Il volto di Carlo Gesualdo"
Indirizzo Via Municipio, 83030 Taurasi AV, Italia
Punti di contatto
Cap 83030
Modalità di accesso

Accessibilità

Nessuna barriera architettonica

Costo

Ingresso gratuito

La chiesa ha la facciata a capanna e presenta un bel portale in pietra sormontato da una lunetta semicircolare al cui interno si osserva un dipinto su compensato raffigurante San Domenico de Guzman, realizzato da Antonio Froncillo nel 1998, al di sopra un ampio finestrone rotondeggiante.

L'interno è a unica navata, adornata da colonne rinascimentali, commiste a fregi barocchi raffiguranti angeli, papi e santi. Alle pareti vi sono sei altari marmorei, sormontati da altrettante tele. Sulla destra vi è una piccola cappella dedicata a San Domenico e dalla sagrestia, attraverso una porta dipinta, si accede al piano superiore.

È unita al Convento dei padri Domenicani, oggi sede municipale ed è chiamata dai cittadini "Convento".

Da punto di vista cronologico, la chiesa è stata oggetto dei seguenti accadimenti.

  • Nel 1582, la chiesa è edificata dietro richiesta dei padri Domenicani, con l'aiuto di facoltosi taurasini e per volere di Luigi IV Gesualdo, ed è dedicata al Santissimo Rosario Beata Maria sempre Vergine.
  • Nel 1672, i Gonnella fanno costruire sull'altare maggiore un'imponente cornice in legno dorato per ospitare in modo degno la splendida opera di Giovanni Balducci, dono dei Gesualdo.
  • Il 17 maggio 1796, a seguito di un terremoto e dopo i necessari restauri, il Vescovo di Avellino e Frigento Don Sebastiano de Rosa consacra l'altare maggiore.
  • Nel 1807, nella "Contribuzione Fondiaria" si legge «S. Domenico = Monistero; stanze soprane nobili 9, ignobili 7, e undici sottani con Chiostro, e cantina. Chiesa. Giardino diviso in due».
  • Tra il 1808 e il 1818, i Francesi sopprimono il Convento.
  • Nel 1856, il Convento riaperto passa ai Frati Minori Riformati, dell'Ordine Francescano.
  • Nel 1870, la chiesa con tutti gli annessi è incamerata dal Comune.
  • Nel 1919, ai lati della scalinata di accesso è creato il c.d. "Parco della Rimembranza", dove sono sepolti i Caduti della Prima Guerra Mondiale.
  • Nel 1932, la volta affrescata crolla improvvisamente.
  • Nel 1942, avviene la ricostruzione.
  • Nel 1956, la chiesa viene abbellita con il pavimento e il cassettone grazie al contributo dei taurasini emigrati negli U.S.A.
  • Nel 1970, avviene un restauro.
  • Nel 1981, dopo il sisma dell'80 vengono effettuati ulteriori lavori di restauro, comunque i danni subiti sono pochi fortunatamente.

Elementi artistici da vedere

  • L'acquasantiera in marmo rosa del XVI sec.
  • Sull'altare maggiore, "Madonna del Rosario con Gesù Bambino tra i santi Domenico, Caterina da Siena, Tommaso d'Aquino e Pietro martire, tutti dell'Ordine Domenicano; al di sotto la famiglia Gesualdo. Il tutto contornato da 15 piccoli quadretti della Passione di Ns. Signore", olio su tela (265x197 cm), di Giovanni Balducci, fine XVI secolo.
  • "S. Vincenzo Ferrer", olio su tela (127x93 cm.), di Gaetano Basso di Giffoni, del 1794.
  • "Santa Rosa da Lima", olio su tela (147x90 cm.), autore ignoto, XVIII secolo.
  • "S. Tommaso d'Aquino", olio su tela (146x90 cm.), di Michele Ricciardi, XVIII secolo.
  • "S. Nicola salva il fanciullo Coppiere", olio su tela (148x87 cm.), di Giacinto Diano, del 1794.
  • "S. Michele Arcangelo", olio su tela (146x92 cm.), di Michele Ricciardi, XVIII secolo.
  • "Sacra Famiglia", olio su tela (148x91 cm.), di Giacinto Diano, del 1797.
  • Nella cappella di San Domenico, parte dell'originario pavimento maiolicato, del XVI secolo.
  • Nel Convento dei padri Domenicani, il chiostro con colonne pilastro in stile dorico con volte a crociera, del XVI secolo.

"Il volto di Carlo Gesualdo"

«Nella chiesa del ss. Rosario, in Taurasi, vi è uno stucco che si trova sulla porzione di soffitto posto al di sopra dell'organo. Sappiamo che un tempo, nella sopra nominata chiesa, esistevano molte altre opere d'arte composte mediante lo stucco.
Nel 1932, però, crollò una parte della volta, il che comportò la perdita di tutti gli stucchi tardo cinquecenteschi. Due benefattori e, cioè, i signori Tommaso Camuso fu Benigno e Michele Santosuosso fu Alessandro, in parte con il proprio denaro e in parte mediante colletta, fecero ricostruire un soffitto a volta, privo però di opere d'arte. Sopravvisse al crollo soltanto lo stucco di cui parleremo.
Si tratta di un bellissimo bozzetto che rappresenta i monaci seduti dietro l'organo, che, con tale strumento, accompagnano un solista che suona l'arpa con volto ispirato. E' probabile che questo personaggio rappresenti re Davide, profeta del Dio Altissimo ed autore dei Salmi.
Questi infatti venivano, ai tempi di Davide cantati con l'accompagnamento di strumenti a corde. Il volto del re è quello di don Carlo Gesualdo, principe di Venosa e signore di Taurasi. L'artista ignoto volle, per adulazione, rappresentare il volto del feudatario locale. Tuttavia, le movenze del cantore, lo strumento musicale adoperato ci fanno comprendere che l'autore ha voluto mostrarci il profeta Davide nel mentre con i suoi Salmi canta le lodi del Signore insieme con i monaci di s. Domenico. Infatti il volto di Carlo Gesualdo (che ricordiamo era nato in Taurasi l'8 marzo 1566, da Fabrizio e Geronima Borromeo, questa notizia si ricava da alcune lettere della madre e dalla relazione che Pietro Pusterla, messo di s. Carlo, invia a quest'ultimo da Roma il 30 marzo 1566; questi documenti sono conservati presso la Biblioteca Ambrosiana a Milano), è sormontato da una corona di tipo antico; al suo lato si nota uno scettro regale sospeso nell'aria; il personaggio, infine, è avvolto in vesti che non possono essere assolutamente considerate cinquecentesche; in più egli suona trovandosi ben al di sopra dei monaci organisti.
L'autore ha voluto farci comprendere che la figura di Davide era rappresentata dal volto di Carlo Gesualdo da un particolare che poche persone notano. Dal collo del profeta pende una decorazione che soltanto il Gesualdo poteva portare e che non esisteva certamente al tempo di Davide.
Per tutti il resto non vi è dubbio che l'artista abbia voluto rappresentarci il coro degli angeli che dall'alto dei cieli, accompagnano le melodie che Davide con la sua cetra ispira agli organisti. Un tamburo giace ai piedi del re. Tutto questo sta a significare che i monaci suonavano e cantavano i Salmi di Davide, leggendo la musica del leggìo che è posto di fronte ai loro occhi.
Il profeta si trova molto più in alto, ed ispira la loro musica la cetra, fatta a forma di arpa, nonché mediante il tamburo all'uso ebraico.
Il coro degli angeli si compiace di tutto questo e si unisce al coro terreno trasformandolo nell'eterno coro celeste che canta ininterrottamente le lodi di Dio.
Al centro dello stucco esiste una cornice, che racchiude uno spazio bianco, sul quale, un tempo, dovevano certamente essere riportate delle frasi tratte dalla Bibbia.
Oggi non si può leggere nulla perché il tutto è stato ricoperto da altro materiale durante gli ultimi restauri. Forse ai raggi x potrebbe apparire l'antica scrittura, ma è impossibile seguire un tale esame all'altezza in cui si trova l'opera d'arte.»

Giuseppe Tranfaglia

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