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Museo Archeologico di Taurasi

Museo storico della città
Indirizzo Via del Convento, 83030 Taurasi AV, Italia
Orari di apertura Lunedì: 09:30-13:30 / 15:00-18:00
Martedì: 09:30-13:30
Mercoledì: 09:30-13:30 / 15:00-18:00
Giovedì: 09:30-13:30
Venerdì: 09:30-13:30 / 15:00-18:00
Sabato: Chiuso
Domenica: Chiuso
Punti di contatto
Cap 83030
Modalità di accesso

Accessibilità

Nessuna barriera architettonica.

Costo

  • Biglietto d’ingresso: 2€.
  • Per gli Over 65 e i ragazzi dai 7 ai 14 anni il costo del biglietto è di 1€.
  • Per i bambini fino ai 7 anni l’ingresso è gratuito.
Ulteriori Informazioni

Sabato e domenica aperto su prenotazione

La Contrada San Martino di Taurasi: il sito e il suo territorio

Il sito di contrada San Martino a Taurasi ha restituito una testimonianza archeologia del tutto originale nell'ambito dell'Eneolitico in Campania, ovvero di quel particolare periodo della preistoria in cui inizia a diffondersi l'uso del metallo.
Gli scavi, effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Provincie di Salerno, Avellino e Benevento tra il 1993 ed il 1996, hanno messo in luce infatti alcune strutture, alle quali erano collegate numerose sepolture a incinerazione, tutte relative ad un'unica fase archeologica dell'Eneolitico.

La documentazione che se ne ricava, per ricchezza, originalità ed estensione non ha sinora confronti altrove.

Consulta il sito web del museo.

Inquadramento storico e presentazione dei contenuti della mostra-museo

«L'uomo della preistoria è stato per lo più nomade, o meglio seminomade che, con il suo gruppo parenterale, era spesso alla ricerca di un territorio migliore, più ricco di caccia e più ospitale. La sia pur limitata permanenza in un luogo imponeva, tuttavia, la costruzione di ''abitazioni'' le quali erano delle semplici capanne pavimentate con delle zolle erbose o con delle pietre spianate, quando il luogo le metteva a disposizione.
L'uomo primitivo, nella sua vita da nomade, preferiva spostarsi lungo i fiumi e abitare nelle sue vicinanze. I fiumi, da sempre, infatti, hanno costituito una strada naturale le cui rive pianeggianti, durante la stagione invernale, non erano esposte al freddo intenso e raramente erano coperte di neve.
Lungo i corsi fluviali, l'uomo aveva a disposizione acqua e erbe per il bestiame, la possibilità di praticare la pesca e tendere agguati agli animali che andavano ad abbeverarsi; allontanandosi dal fiume, invece, la vegetazione era più alta e più fitta, il camminare era meno agevole e più pericoloso e diminuiva anche la possibilità di avvistare gli animali predatori.
Se ai vantaggi sopraindicati si aggiunge l'irrigabilità e la fertilità dei terreni derivante dallo straripamento dei fiumi, appare evidente il motivo per cui i primi stanziamenti umani sorsero lungo le rive dei fiumi. Alcuni degli insediamenti, con il passare dei secoli o millenni, fecero registrare una crescita, non solo demografica, ma anche nell'organizzazione sociale, trasformandosi in città cinte da mura e ricche di palazzi. Non a caso, le più antiche e potenti civiltà si sono sviluppate lungo i grandi fiumi.

Relativamente al fiume Calore, nel tratto che bagna la provincia di Avellino, dai dati messi a disposizione dall'archeologia ufficiale, possiamo affermare che le prime tracce della presenza dell'uomo sono state rinvenute tutte nella media valle del Calore: MontemilettoTorre le Nocelle, ma soprattutto sul territorio di Taurasi e di Mirabella Eclano.
I primi rinvenimenti, in queste zone, risalgono al 1976-1977 e provengono dal giacimento del paleolitico medio scoperto nei pressi del paese di Montemiletto, nella cava di Brogna, dove i lavori di estrazione del materiale misero in luce un lembo di deposito terroso stratificato residuo del riempimento di una grande frattura beante che si apriva nei calcari dell'allora piano di campagna, a circa 20 m di altezza rispetto al piazzale della cava.
Il giacimento, scoperto da Cesare Porcelli, e da lui segnalato nel 1975 all'Istituto di Antropologia e Paleontologia Umana di Siena, fu oggetto di una prima visita nel corso dello stesso anno, in occasione di una serie di sopralluoghi a numerosi giacimenti paleolitici del territorio di Avellino e Benevento.
L'importanza della serie stratigrafica e l'importanza che essa poteva avere per lo studio del paleolitico di questa parte della Campania, indussero l'Istituto di antropologia di Siena ad intervenire sollecitamente presso la Soprintendenza alle Antichità di Salerno, allo scopo di bloccare il lavoro di escavazione, nella parte della cava in cui si trovava il lembo di deposito rimasto fortunatamente intatto.
Nel maggio-giugno del 1976 veniva condotta una prima campagna di scavo nella parte basale e terminale del deposito e una seconda nel giugno 1977, che permetteva di esplorare completamente l'intera serie stratigrafica.
Il riempimento comprendeva tre momenti principali di sedimentazione: sedimenti fini (argille) nella parte più bassa, grossolani (sabbie) nella parte mediana e ancora fini (limi) in quella alta.
L'industria litica, raccolta in tutti i livelli, e omogenea nell'intera serie, è riferita ad un Musteriano e denticolati, caratterizzato da una scarsa varietà di tipi; in genere su scheggia piatta, di tecnica debolmente levallois.
Essa è, quindi, collocabile a circa quarantamila anni fa nell'ambito della glacializzazione di Wurm.

Di una certa importanza sono i ritrovamenti avvenuti sul territorio del Comune di Torre le Nocelle in contrada Felette risalenti al neolitico finale-eneolitico (V-IV millennio a.C.). Tale località, per la sua posizione geografica, controlla il comodo passo tra Montemiletto e Montaperto che consente un rapido e diretto collegamento tra la valle del Sabato e quella del Calore.
Le scoperte archeologiche più significative, però, risalgono al periodo eneolitico, seconda metà del terzo millennio a.C. (4000-4500 anni fa). Resti furono rinvenuti nei siti di: Fontanalardo, Macchia dei Goti e San Martino, tutte contrade del Comune di Taurasi.
Il più importante di essi, perché dimostra l'esistenza di un insediamento preistorico, è quello di San Martino dove sono state scavate interamente sino ad oggi cinque capanne di forma e dimensioni diverse e altre sono state indiziate sul sito.
Quattro delle cinque capanne di forma e dimensioni diverse sono dornate da un muro perimetrale in pietra a secco, che costituisce uno zoccolo di base sul quale doveva poggiare un elevato, composto da una struttura lignea ricoperta da frascame rivestito di argilla (incamiciato). All'interno della capanna sono stati rinvenuti numerosi reperti, strumenti litici e soprattutto ceramica d'impasto.
Una particolare categoria di reperti è rappresentata da numerosi vasi, di forma e tipologia diverse, che hanno funzione di cinerari».

Tratto da Chiare, fresche e dolci acque ... Il fiume Calore: una storia millenaria - Istituto Comprensivo Statale T. Caggiano Taurasi - Avellino.

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